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Oggi andiamo in… Carnia

Un mondo di montagne incantate: ecco la Carnia

Al confine con Austria e Veneto, s’apre un grande “villaggio” con sette valli che solcano le magiche Alpi carniche. Valli che hanno custodito intatti un coloratissimo universo folcloristico e una natura sempre protagonista.

Borghi autentici
Percepire il tempo in modo diverso, riappropriandosi dei ritmi della natura. Passeggiare per borghi pittoreschi, lasciandosi inebriare da profumi, suoni e voci. Scoprendo i segreti di una quotidianità legata ai riti agricoli e all’artigianato. E stupendosi della genuina bellezza di case in pietra e in legno. Dove si può anche soggiornare, grazie all’albergo diffuso, che in Carnia impreziosisce diversi paesi.

La natura ti parla

Dal Parco delle Colline Carniche, con tracciati dolci da percorrere a piedi, a cavallo e in mountain bike, al Parco naturale delle Dolomiti Friulane, dove fare trekking e alpinismo tra vette maestose. E incontrare caprioli e marmotte. Il piacere della scoperta non trova mai fine, tra cascate, canyon e laghi d’alta quota.
Scopri tutte le date e le mete delle escursioni e passeggiate guidate in Carnia!

Benessere totale
Lungo la Via delle Malghe e i percorsi di prima linea della Grande Guerra. Per poi raggiungere bivacchi e rifugi, numerosi in tutta la Carnia. D’inverno con gli sci ai piedi, nei poli sciistici di Ravascletto-Zoncolan, Forni di Sopra e Sauris. Tutto l’anno, poi, le Terme di Arta offrono dolci momenti rigeneranti.

Prodotti tipici
Prosciutto affumicato di Sauris, cjarsòns (ravioli dolci o alle erbe), erbe spontanee usate per insaporire primi e frittate, sciroppi e marmellate ai frutti di bosco. Fino a particolarità come la schultar fumada (spalla di maiale affumicata). . Sono solo alcune delle specialità enogastronomiche della Carnia che sfruttano i doni della terra e antiche saggezze.

Andar per botteghe
Dalla tessitura, alla lavorazione della ceramica, della pietra, del ferro e del legno, che trova nell’evento settembrino Magia del legno di Sutrio una delle vetrine più prestigiose. Gli artigiani, in Carnia, custodiscono sapienze tramandate di generazione in generazione. Per dar vita a preziosi manufatti.

A tutto folclore
Passeggiando per i boschi, potreste scorgere buffi e dispettosi folletti. Gli sbilfs, come li chiamano qua. E di notte vedere rotelle infuocate che scivolano giù lungo pendii appartati: sono las cidulas, con cui i giovani dichiarano il nome della propria amata. O incontrare le strane creature che popolano il carnevale di Sauris, il più antico delle Alpi. Tradizioni che si perdono nella notte dei tempi.

Altro che pezzi da museo
Scoprite Pesariis (località di Prato Carnico), il “paese degli orologi” di tradizione settecentesca; la Mozartina di Paularo, un museo vivo dove ascoltare clavicembali e violini; il Mulin dal Flec di Illegio (piccola e incantevole località di Tolmezzo che ospita importanti mostre d’arte), con un antichissimo mulino ancora funzionante; la Farie di Checo, a Cercivento, un opificio del Quattrocento. A Tolmezzo, poi, c’è un compendio di storia e anima della Carnia: il Museo delle arti e tradizioni popolari. Il Presepe di Teno, a Sutrio, è uno straordinario frutto di quasi 30 anni di lavoro dell’artigiano Gaudenzio Straulino: un’opera che lascia a bocca aperta per la minuzia dei particolari, visitabile in estate e nel periodo natalizio anche in occasione dell’evento “Borghi e Presepi” di Sutrio.

Sport e attività nella natura
Una natura magica da scoprire, quella della Carnia, anche attraverso il ricchissimo programma di escursioni naturalistiche dell’Agenzia TurismoFVG (prenotazione obbligatoria). Nel calendario programmato ci sono anche passeggiate a cavallo, mountain bike, nordic walking, canyoning, attività per bambini e molto altro.

Ricca di luoghi naturali, ma anche di storia e di arte, di eventi e tradizioni, la Carnia, l’area montana a nord-ovest del Friuli Venezia Giulia, offre molteplici opportunità per il tempo libero lungo l’intero arco dell’anno. Per chi ama ardite scalate alpinistiche, come per chi è alla ricerca di più facili escursioni le Alpi e Carniche e le Dolomiti Friulane sono un luogo di vacanza ideale. Si possono scoprire a piedi, in mountain bike o a cavallo d’estate, con gli sci o le ciaspe d’inverno, percorrendo agevoli sentieri ben segnalati o spettacolari percorsi su creste mozzafiato.

Gastronomia

Genuina e naturale. Si può sintetizzare, così, in due parole, la cucina carnica, caratterizzata da piatti legati ai prodotti locali e alle stagioni, tramandati dalla tradizione popolare e oggi proposti nel rispetto degli antichi insegnamenti o rielaborati con nuovi abbinamenti e preparazioni. Non c’è vacanza senza un buon mangiare? Allora è il momento di scoprire l’autentica bontà della cucina carnica, per poi non poterne farne più a meno.

Itinerario Valle del But

Partendo da Cavazzo Carnico, imboccata la salita verso Cesclans, si giunge alla Pieve di Santo Stefano, recentemente riaperta al culto, dove le indagini archeologiche effettuate nel sottosuolo hanno permesso di datare intorno all’ VIII-IX secolo, i resti di un edificio di culto dotato di un torrione all’ingresso. La storia degli scavi e della Pieve è ora illustrata nel vicino spazio museale, l’Antiquarium. Una volta scesi dal colle e raggiunto il capoluogo carnico, merita una visita la Santa Maria Oltre Bût o Pieve di San Lorenzo, tra Caneva e Casanova, che, dalla sua posizione in cima ad un colle, domina buona parte della vallata. Lo stesso vale per la Pieve di San Floriano a Illegio che, dalla sommità del Monte Gjaideit, dove è stata costruita, si impone sulla prima parte della Valle del Bût. Percorsa la Strada Statale 52 bis in direzione di Arta, la pieve è raggiungibile solo a piedi, imboccando il sentiero all’altezza di Imponzo: si tratta di una passeggiata piacevole, che si snoda tra ameni ambienti rurali e naturali e scorci panoramici di indiscussa bellezza. Alla Pieve si giunge a piedi anche da Illegio, dove si possono visitare gli scavi di San Paolo vecchia. Una volta ridiscesi, il viaggio prosegue in direzione di Zuglio, sito archeologico romano di notevole rilievo (da visitare l’area archeologica e il Museo). Sono tuttora visibili il Foro romano, centro della vita politica, economica e religiosa, dotato di porticato, tempio e basilica civile, nonché alcune costruzioni private. Nel Museo Archeologico si possono ammirare i reperti provenienti dagli scavi di Iulium Carnicum e quelli relativi ad insediamenti preromani in Carnia. Continuando il percorso verso Fielis, si può arrivare a piedi alla Pieve di San Pietro, seguendo una suggestiva stradina che si conclude con un’ampia scalinata finale.
(tratto dalla pubblicazione “Tra storia e fede” – ottobre 2011)

Itinerario Val Degano

Nella Val Degano, a Ovaro, possiamo ammirare sia gli scavi archeologici della Chiesa di San Martino, sia la Pieve di Gorto sull’altura di Agrons. Tra le undici pievi storiche della Carnia, la Pieve di Santa Maria a Gorto è la più estesa del territorio e fino a pochi anni fa si riteneva fosse la più antica chiesa battesimale della vallata. I recenti scavi eseguiti presso la chiesetta di San Martino hanno dimostrato, invece, la presenza di un battistero monumentale e di una vasca battesimale molto più antichi. Più volte rimaneggiata nel corso dei secoli, la chiesa attuale si apre su tre navate. Sulle pareti interne si conservano ancora lacerti di affreschi del XIII secolo, sui quali spicca una scena relativa alla Parabola delle Vergini sagge e delle Vergini stolte. Alla destra dell’altare si trova il coro in legno intarsiato, di fine Seicento. In una saletta sulla destra del coro è ospitato un piccolo Museo dove sono stati raccolti reperti archeologici e altri oggetti sacri risalenti ad epoche più recenti.
(tratto dalla pubblicazione “Tra storia e fede” – ottobre 2011)

Itinerario Valle del Tagliamento

Nella Valle del Tagliamento si trova la Pieve di Santa Maria Maddalena di Invillino, edificata sul Colle Santino dopo l’abbandono della basilica paleocristiana, ora musealizzata, che sorgeva sul Col di Zuca. Villa Santina, oltre che per la basilica, si segnala per il vasto insediamento fortificato del Colle Santino, con fasi cronologiche che vanno dal Neolitico (V-IV millennio a.C.) al Medioevo e che da alcuni studiosi è stato identificato con la Ibligo menzionata da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum. Sempre nella valle del Tagliamento, a Socchieve, in località Castoia, si trova la Pieve di Santa Maria Annunziata, unica superstite di un antico complesso cultuale composto da tre chiese. A differenza di altre Pievi, collocate in altura, la Pieve di San Martino a Verzegnis sorge in paese. A breve distanza è possibile visitare un insediamento pluristratificato e fortificato portato alla luce sul Colle Mazéit. La Pieve dei S.S. Ilario e Taziano a Enemonzo, originaria forse dell’XI secolo, è stata ricostruita nel XVIII secolo. All’interno presenta tre navate ed un’abside quadrata e conserva opere d’arte appartenenti prevalentemente all’Ottocento. La Pieve di Ampezzo ha avuto una breve esistenza, tanto che, alla fine del XIV secolo, risultava sotto la giurisdizione di Socchieve, trasformandosi in parrocchiale. L’attuale chiesa risale alla metà del Settecento, ha subito pesanti rimaneggiamenti nell’Ottocento ed è stata restaurata dopo il 1976. Custodisce, al suo interno, dipinti e tele di Nicola Grassi, uno dei maggiori artisti carnici del Settecento. E’ stato progettato, invece, dall’architetto carnico Domenico Schiavi l’edificio che ha sostituito la vecchia Pieve di Forni di Sotto e che, successivamente, è stato incendiato nel 1944. Attualmente la Chiesa di Santa Maria del Rosario, ricostruita nel 1953, ospita opere provenienti anche da altre chiese. (tratto dalla pubblicazione “Tra storia e fede” – ottobre 2011)

Oggi andiamo a… Trieste

Ecco alcuni dei luoghi più belli da visitare a Trieste:

Il Faro della Vittoria

Opera dell’architetto triestino Arduino Berlam e dello scultore Giovanni Mayer, il bianco “Faro della Vittoria” illumina il Golfo di Trieste ed al contempo funge da monumento commemorativo dei caduti in mare durante il I conflitto mondiale come testimonia l’iscrizione “Splendi e ricorda i caduti sul mare”.

L’idea di costruire un faro nacque nel 1918: esso, immaginato altissimo, doveva dapprima collocarsi su Punta Salvore. Soltanto in seguito la Lega Navale ed il Comando della Difesa Marittima preferirono l’attuale collocazione, sul Poggio di Gretta, a 60 m sul livello del mare, in corrispondenza del bastione rotondo dell’ex forte austriaco kressich (1854-1857).

Il progetto presentato dal Berlam fu approvato il 20 gennaio 1920. I lavori iniziarono nel febbraio 1923 e si conclusero il 24 maggio 1927, con una cerimonia di inaugurazione a cui prese parte l’allora Re d’Italia Vittorio Emanuele III.

Il faro è costituito da un ampio basamento comprendente anche il bastione del preesistente forte austriaco ed è ricoperto di pietre di origine locale. Il rivestimento in pietra d’Istria, il cui spessore varia dai 60 agli 80 cm, venne posto in opera simultaneamente alle calate di calcestruzzo e, durante l’esecuzione, si fece spesso uso di modelli in gesso, anche di singoli dettagli.

Sopra la colonna monumentale vi è un “capitello” a sostegno della “coffa”, così chiamata in chiari termini marinareschi, in cui è inserita la lanterna, la cui gabbia è realizzata in bronzo e cristallo, coperta da una cupola in bronzo con decorazioni a squame. All’apice della cupola svetta la statua in rame della Vittoria.

La parte ornamentale è completata dalla figura del marinaio sotto la quale venne collocata l’ancora del cacciatorpediniere Audace (la prima nave italiana che entrò nel porto di Triese il 3 novembre 1918). Ai lati dell’ingresso al faro vi sono invece due proiettili, anch’essi dono del Ministero della Marina. Oggi il faro, nella sua modesta bellezza, rappresenta uno dei simboli della città.

La Grotta Gigante

Grotta Gigante

Grotta Gigante

Il carso, compreso quello goriziano e quello d’oltre confine, comprende migliaia di grotte, alcune delle quali non ancora conosciute. Attualmente il loro numero è stimato attorno a 6000, di cui circa 2500 situate in territorio italiano.

Tra queste, molto differenti per morfologia, dimensioni e profondità, particolare interesse riveste la Grotta Gigante.

Situata nell’omonimo Borgo, a soli 15 km dalla città, è facilmente raggiungibile sia con i mezzi pubblici che in automobile (uscita autostrada Sgonico).

Si tratta della più grande caverna aperta al pubblico, con i suoi 65 m di larghezza, 280 m di lunghezza ed una volta a cupola di 107 m. Si distingue inoltre per la ricchezza delle stalattiti e stalagmiti e per le concentrazioni di calcite che ricoprono le pareti.

All’interno della grotta trova installazione, inoltre, una sensibilissima strumentazione scientifica, costituita da sismografi e pendoli geodetici, che rendono l’ambiente un laboratorio davvero unico.

La visita è assolutamente d’obbligo e priva di percoli. Due sole avvertenze: la temperatura interna rimane costante tutto l’anno (quindi fa freddo anche d’estate) e l’accesso della grotta comporta la discesa – e la conseguente salita – di un non trascurabile numero di scalini.

La Grotta rimane chiusa al pubblico l’1 gennaio, il 25 dicembre e tutti i lunedì non festivi, tranne che nei mesi di luglio e agosto in cui è sempre aperta.

Nel corso dell’anno hanno luogo sue tradizionali manifestazioni: la “Festa della Befana”, con calata della stessa, il 6 gennaio, e la “festa dei Turisti”, con spettacolo di luci e suoni, il 15 agosto. Alle volte vengono organizzati anche concerti corali.

Per informazioni: www.grottagigante.it – tel. 040 327312.

La Cattedrale di San Giusto

 

La Cattedrale di San Giusto, così come oggi la conosciamo, sorge sui resti di una basilica paleocristiana a tre navate, con il presbiterio absidato e il pavimento a mosaico, i cui scarsi resti sono stati poi incorporati nel pavimento dell’attuale costruzione.

Nel corso dei secoli la primitiva basilica subì numerose e consistenti modifiche fino alla sua completa distruzione, per motivi a noi ignoti. In seguito furono edificati due edifici sacri: una piccola cattedrale dedicata alla Vergine Assunta ed il sacello di San Giusto: delle tre navate dell’antica cattedrale rimane oggi soltanto la centrale in corrispondenza della quale vi sono due filari di colonne, del sacello rimane il mosaico raffigurante il Cristo, San Giusto e San Servolo e l’abside dedicata a Sant’Apollinare.

La navata centrale della Cattedrale odierna vede la luce nel Trecento, in seguito alla fusione dell’antica cattedrale e del sacello e le conseguenti modifiche. L’edificio è impreziosito da uno splendido rosone gotico, inserito nella pietra arenaria di cui sono fatti la facciata ed il campanile.

L’interno presenta ancora oggi le caratteristiche di una basilica cristiana, a cinque navate. Le decorazioni interne ed il moderno mosaico della navata centrale sono di recente fattura.

 

Il Castello di Duino

Il Castello di Duino, storica dimora privata dei Principi von Thurm und Taxis, sorge in una pittoresca e panoramica posizione, su un carsico sperone roccioso a precipizio sul mare, con una strabiliante veduta del golfo di Trieste.

Al contrario di molti altri castelli, divenuti oggi freddi musei, il Castello di Duino regala ai visitatori il calore che il Principe Carlo Alessandro di Torre Tasso, sua moglie ed i suoi tre figli hanno saputo infondere alla loro abituale dimora.

Ma, si sa, l’ospitalità qui è di casa: i personaggi illustri che hanno abitato, in soggiorni più o meno lunghi, queste stanze, sono tantissimi, anche grazie all’interesse da sempre dimostrato dai principi nei confronti della cultura. Non potendo certamente elencarli tutti, specie con il timore di dimenticarne qualcuno, ne citiamo soltanto alcuni: Johann Strauss, Franz Liszt, Mark Twain, Paul Valéry, Gabriele D’Annunzio, Hugo von Hofmannsthal, Rainer Maria Rilke, che qui compose le sue famose “Elegie”, Eugène Ionesco e Karl Popper, nonché numerosi nobili e regnanti, del presente e del passato.

Le origini del castello, nella cui storia realtà e leggenda sono inscindibilmente intrecciate, risalgono all’epoca romana. I resti della primigenia torre sono ancora oggi visibili nel corpo del moderno castello. Il primo vero castello, inespugnabile fortezza, di cui oggi rimangono soltanto pochi resti, sorgeva però sul promontorio adiacente a quello dove è ubicata l’attuale costruzione. Il nuovo castello vede invece la luce nel 1400: purtroppo, a causa degli ingenti danni subiti durante il primo conflitto mondiale, l’edificio è stato sottoposto a pesanti interventi di ristrutturazione. Fortunatamente, i lavori hanno poco modificato l’ancestrale aspetto dello storico maniero, le cui forme oggi rispecchiano in buona parte quelle antiche.

Gli ambienti interni sono tutti degni di nota, dalla stanza-grotta alle magnifiche ed ampie terrazze che si aprono sul Golfo. Seppur modesto, rispetto ad altre più celebri residenze, il castello di Duino non ha nulla da invidiare ad alcuna di esse.

Indubbiamente da non trascurare anche lo splendido parco, che si sviluppa su più livelli, dal castello al mare, ricco di fiori, di piante, di statue e di angoli decisamente suggestivi.

Dal 2003 è possibile visitare il Castello, al cui interno hanno luogo anche banchetti informativi, eventi culturali, meeting professionali e seminari.

Informazioni:

Castello di Duino
Tel. 040 208120 – Fax 040 208022
Web: www.castellodiduino.it
E-mail: castellodiduino@libero.it

Il Castello di Miramare

Castello di miramare - foto 1

Castello di miramare - foto 2

Il bianco castello da favola, circondato da un verde e lussureggiante parco, si affaccia su mare blu battuto dal vento: questa romantica descrizione ben si adatta alla residenza fatta costruire tra il 1856 ed il 1860 dall’arciduca Massimiliano d’Asburgo per la sua amata giovane sposa. Così, come Massimiliano aveva trovato rifugio dalla furia del mare in quello che diventerà poi il piccolo e graziosissimo approdo marittimo del castello, egli cercò di realizzare nello stesso posto un nido d’amore al riparo dalle insidie della vita.

Ma la smania di potere e il desiderio di fama di Carlotta del Belgio spinsero l’arciduca a partire per il Messico, di cui diventerà sì imperatore ma dove perderà, dopo poco, la vita, sognando il suo amato castello così lontano e abbandonato. Si dice che Carlotta, dopo la morte del suo amato, abbia perso la ragione.

In questa vicenda trova fondamento la maledizione che graverebbe sul castello; si crede infatti che chi vi dimora perisca anzitempo di morte violenta. Pare che, nella storia, la maledizione si sia sempre fatalmente avverata…

Oggi il castello ed il parco sono aperti ai visitatori, sempre molto numerosi. Mentre il castello attira principalmente i turisti, il parco è anche meta domenicale dei triestini che, passeggiando sui sentieri tra la lussureggiante vegetazione voluta da Massimiliano, trascorrono alcune ore all’aria aperta.

All’interno del castello si possono visitare gli appartamenti privati, le stanze desinate agli ospiti, i vari saloni, la biblioteca-studio e la magnifica sala del trono, recentemente restaurata e riportata all’originario splendore.

I sentieri del parco, sempre perfettamente conservati, permettono di passeggiare in un ambiente variegato e di notevole interesse botanico. Tra le altre cose si segnalano, poco distanti dal cancello di ingresso al parco, le Scuderie, oggi divenute sede espositiva, il Castelletto e le numerose sculture che decorano spiazzi e vialetti.

Il castello ed il parco ospitano, specie durante la bella stagione, numerose manifestazioni di carattere prevalentemente culturale.

Il castello ed il parco, che ben valgono una visita, sono aperti tutti i giorni dell’anno. L’ingresso al Museo del Castello è a pagamento, quello al parco gratuito. Il luogo è facilmente raggiungibile anche in autobus con la linea 36 ed inoltre alcuni treni fermano anche alla piccola stazione storica di Miramare.

Per maggiori e sempre aggiornate informazioni:

Parco e Museo storico del Castello di Miramare
Viale Miramare – 34014 Trieste
Tel 040 224143
Fax 040 224220

Siti web di riferimento:
www.castello-miramare.it
www.castellomiramare.org
E-mail: info@castello-miramare.it

Il Castello di San Giusto

Il castello sorge sulla sommità dell’omonimo colle, a lato dei resti romani del Foro e della Basilica.

L’edificazione del castello, avvenuta in periodi successivi, è strettamente intrecciata alla storia politica ed allo sviluppo della città. Le prime fondamenta vennero gettate nel 1363 dai veneziani, dopo aver preso la città; la scelta del luogo era legata, oltre alla strategica posizione sull’altura, ad una preesistente rocca fortificata risalente al secolo precedente. L’attuale struttura si deve però al ristabilito dominio Austriaco, nella seconda metà del XV secolo: a questo periodo risalgono la torre quadrata con l’adiacente abitazione del capitano, su due piani, e lo spazioso cortile interno. Nel 1508, con il ritorno della repubblica di Venezia in città, vi fu l’edificazione del bastione rotondo. La mutata forma delle torri difensive è caratteristica del passare del tempo: man mano che le tecniche belliche vanno affinandosi, anche le caratteristiche costruttive degli edifici difensivi vanno adeguandosi. Un bastione senza spigoli permetteva un maggiore controllo sugli assedianti essendo scomparse quelle zone “buie” caratteristiche del primo torrione.

A distanza di un anno soltanto, l’Impero Austriaco riprende il dominio della città e l’edificazione del castello prosegue a fasi alterne: a questo periodo risalgono lo sperone quadrangolare di Sud-Est (che, analogamente a quanto detto precedentemente, rispondeva perfettamente alle nuove esigenze in fatto di difesa) e del “nuovo bastione”.

Il pesante maniero in pietra posto a guardia della città, così diverso dal bianco e leggiadro castello di Miramare, ulteriore testimonianza storica del lontano passato, oltre ad essere molto amato dai triestini esercita un indubbio fascino sui visitatori.

La vista della città che si gode dalle mura, dai bastioni e dai camminamenti è decisamente da non perdere; da qui si può inoltre distinguere il confine tra la cosiddetta “cittavecchia”, contraddistinta da viuzze tortuose, scalinate e vicoletti, che arrivava fino a poco oltre il Teatro Romano, e il settecentesco borgo Teresiano, così chiamato da Maria Teresa d’Austria, che si estende, con rigore geometrico, oltre il Corso Italia.

Oggi il castello ospita esibizioni permanenti e temporanee, nonché vari eventi e spettacoli all’interno dell’ampio cortile o sui bastioni di maggiore capienza.

Le grotte di San Canziano (Škocjanske jame)

Grotte di San Canziano

Pur non essendo ubicate nella Provincia di Trieste, il turista attento – ma anche il triestino che ama la natura – non potrà non visitare le grotte di San Canziano.

Le Škocjanske jame (le grotte di Škocjan), situate in territorio sloveno a pochi chilometri dal confine, si distinguono fra le oltre settemila grotte della Slovenia per la grandezza delle sale e della gola sotterranea. Si articolano infatti, in maniera a dir poco eccezionale, in undici stanze (undici grotte collegate le une alle altre), doline, ponti naturali ed inghiottitoi.

A partire dal 1986 sono entrate a far parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO.

All’interno delle grotte, a cui si accede da una profonda dolina, si ammirano splendide stalattiti e stalagmiti dalle meravigliose forme e dai molteplici colori, cortine rocciose e le caratteristiche vaschette di concrezione. Ma a rendere il tutto ancora più interessante è la presenza del fiume Reka che, dopo avere dato origine al sistema di caverne così come oggi lo vediamo, continua a scorrere in un percorso sotterraneo, punto di forza della seconda parte della visita turistica alle grotte, reso ancor più emozionante dalla presenza di cascate e dal rimbombo delle rapide. Nelle pozze e nei laghetti, dove l’acqua è calma, si ha invece il superbo spettacolo del riflesso delle formazioni ipogee.

Le grotte di San Canziano sono aperte al pubblico tutto l’anno (durante la bella stagione è previsto un numero di visite maggiore) e la visita, della durata complessiva di circa 90 minuti, è possibile solo se accompagnati dalla guida.

Per informazioni:

Park Škocjanske jame, Slovenija
Škocjan 2, 6215 Divaca
Tel. +386 (0)5 76 32 840
Fax +386 (0)5 76 32 844
Mail: psj.info@psj.gov.si
Siti web: www.gov.si/parkskj, www.park-skocjanske-jame.si

La Riserva Marina di Miramare

Riserva Marina

La Riserva Marina di Miramare, istituita nel 1986, è un’area protetta situata ai piedi dell’omonimo promontorio.

L’ambiente, di tipo marino-costiero, è roccioso verso riva, via via più fangoso spingendosi in mare aperto (fino ad una profondità massima di 18 metri).

All’interno della Riserva vi sono due aree, l’una a regime di tutela integrale, nella quale è però consentita, in una zona ben delimitata, la visita guidata subacquea, l’altra, tutt’intorno, a protezione parziale, in cui vige il divieto di pesca professionale.

Trattandosi di un ambiente protetto, esso si presenta ad elevata biodiversità, elemento che fa della Riserva stessa un ambiente unico e di gran pregio.

All’interno della Riserva vengono promosse attività di ricerca non invasive oltre a varie attività di tipo divulgativo.

La Riserva organizza ormai da anni visite subacquee guidate, sia per singoli che per gruppi, purché i partecipanti siano forniti di regolare brevetto. L’immersione è possibile solo previo rilascio di un’autorizzazione, volta a tutelare la conservazione ottimale dell’ambiente.

Per tutti gli altri, da giugno a settembre, è possibile, sempre con l’accompagnamento di una guida, effettuare dello snorkeling: dopo una introduzione presso il Centro Visite, ubicato nel Castelletto all’interno del Parco di Miramare, viene proposta un’attività di seawatching (osservazione dei fondali) in zone particolarmente sicure ma interessanti. Il seawatching è indicato anche per i bambini di età non inferiore a 8 anni.

Per partecipare è necessario contattare preventivamente il personale della Riserva, in quanto la visita viene effettuata per gruppi di almeno 4 persone.

Da anni vengono organizzati corsi di formazione e stage specialistici.

All’interno della Riserva è stato inoltre istituito il Gruppo di Pronto Intervento e Monitoraggio.

Per approfondimenti ed informazioni:

Riserva Marina di Miramare
Via Miramare, 349
34014 Grignano (TS)
Tel: 040 224147
Fax: 040 224636
Mail: info@riservamarinamiramare.it
Sito web di riferimento: www.riservamarinamiramare.it

Kleine Berlin, complesso di gallerie antiaeree

Kleine Berlin

Breve descrizione dei vani

La visita del complesso “Kleine Berlin” avviene attraverso l’ingresso riservato ai soldati tedeschi (IV ingresso).

Dopo aver percorso il primo tratto di galleria si giunge ad un incrocio (1); proseguendo diritti si arriva da una stanza dove era stato predisposto il basamento per un generatore; prima di entrare nella stanza, sulla destra, un breve cunicolo conduce a una porta.

Superatala si percorre una galleria, in lieve discesa, che porta all’ex-ingresso principale del ricovero tedesco.

Proseguendo lungo la galleria si gira a sinistra, per un breve tratto, per poi svoltare a destra fino ad imbattersi nello sbarramento che ostruisce l’accesso ai sotterranei del Palazzo di Giustizia. Questo ultimo tratto di galleria non viene quasi mai percorso dalle comitive, durante le visite, perché è invaso dall’acqua.

Ritornati al punto (1) si prosegue lungo il corridoio di sinistra sino ad intercettare la galleria principale dalla quale si dipartono ben 11 diramazioni laterali.

Quelle sul lato destro hanno tutte una lunghezza di circa 26 metri mentre quelle sul lato sinistro variano da una lunghezza che va dai 12 ai 25 metri ad esclusione di quella adibita ai servizi igienici, più corta, che misura 10 metri. Tra queste gallerie ce n’è una che presenta sulla volta un pozzo che, all’epoca, era munito di una scala a chiocciola. Questa serviva al generale Globocnik per recarsi dalla sua abitazione di villa Ara in Tribunale.

Al termine della lunga galleria “tedesca” una porta immette nel ricovero antiaereo comunale che è costituito da una galleria lunga circa 250 metri, realizzata dalla ditta Emilio Colombo per conto del Comune di Trieste.

Qui possiamo facilmente comprendere come la natura stia lentamente, ma inesorabilmente, riprendendo il possesso dell’ipogeo. Agli occhi del visitatore si presenta un ambiente riccamente invaso da stalattiti, stalagmiti e vaschette di concrezione nelle quali scorre perennemente un velo d’acqua. Il fenomeno, fortemente ridotto nella parte tedesca, si deve al fatto che l’ultimo tratto della galleria italiana non è mai stato cementato.

Il risultato, per fortuna, è quanto mai gradevole e l’impressione che si ricava è quella di trovarsi in una grotta naturale carsica e non in un ipogeo artificiale e, per di più, in pieno centro cittadino.

Mappa Kleine Berlin

Cenni storici

Subito dopo aver istituito la “Zona d’Operazioni Litorale Adriatico” i tedeschi iniziarono a realizzare numerose opere di difesa. Incaricati di questi lavori erano le ditte che collaboravano con l’organizzazione tedesca della Todt.

Tra i tanti lavori che furono eseguiti sul territorio, i tedeschi vollero iniziare la realizzazione di un ricovero antiaereo per i propri soldati ed impiegati civili che operavano nella zona del Tribunale.

La realizzazione del ricovero non era prioritaria, in quanto al suono della sirena d’allarme i soldati si riparavano, assieme alla popolazione civile italiana, nella costruenda galleria “comunale”. A tale scopo avevano provveduto a realizzare, a proprie spese, l’impianto di illuminazione del ricovero. Per questo motivo la galleria “comunale” aveva l’impianto elettrico a filo di rame nudo (ad uso tedesco) e non a filo di piombo, come tutte le altre gallerie antiaeree comunali.

Allo scavo del ricovero partecipavano non meno di tre ditte; questa diversificazione era resa necessaria dal fatto che ognuna di esse doveva ignorare l’operato delle altre. Questa segretezza, nella costruzione del ricovero, era stata imposta dal generale Globocnik, che aveva pensato di realizzare un “passaggio segreto” tra la sua abitazione ed il Palazzo di Giustizia. Difatti l’ingresso al ricovero (che si apriva nel marciapiede di via Fabio Severo nei pressi della strada di collegamento con quella di Romagna) e il cunicolo che portava al Palazzo di Giustizia fu realizzato dalla ditta del geometra Gerdol che lavorava per conto della Todt. Alla costruzione della galleria centrale, con le diramazioni laterali, dell’articolato complesso antiaereo tedesco, era incaricata, molto probabilmente, la ditta della Todt Ing. Mazorana & Co. Il cunicolo di collegamento, che partiva dalla villa Ara, abitazione di Globocnik, al soffitto di una galleria laterale del ricovero antiaereo, fu eseguito dalla ditta Schwarz, che operava sempre per conto della Todt.

Dopo il bombardamento del 10 giugno 1944 la costruzione del ricovero divenne prioritaria. Per questo motivo i tedeschi imposero ai lavoratori della ditta Colombo di affiancarsi alla ditta della Todt per scavare, con largo uso di mine, il ricovero antiaereo tedesco.

Alcune scritte trovate nel cunicolo di collegamento, usato dai militari tedeschi, con la via Fabio Severo (IV ingresso, dove oggi vengono effettuate le visite) fanno presumere che nel dicembre del 1944 i principali lavori di costruzione fossero teminati.

Sicuramente i lavori di rifinitura proseguirono fino al termine della guerra ed a causa di ciò non furono mai terminati, lo riprova il fatto che non furono mai installati i generatori di corrente, sebbene in due luoghi siano evidenti i basamenti in cemento.

Per l’illuminazione del ricovero antiaereo, i tedeschi avevano un allacciamento con l’allora azienda municipalizzata ACEGAT. Difatti, nei pressi dell’ingresso, lungo un cunicolo di collegamento alla galleria principale del ricovero, fu installato un quadro elettrico, tuttora esistente.

Per la luce ausiliaria, che era attivata in mancanza della corrente elettrica, erano usati degli accumulatori sequestrati ai pescherecci che prima della guerra praticavano la pesca con le lampare.

L’ingresso al ricovero antiaereo era vietato a tutto il personale non tedesco. Nessun italiano era autorizzato ad entrarvi, fatta eccezione per un elettricista della ditta Luigi Presel, che aveva l’incarico di cambiare le lampadine fulminate, e per poche altre persone che lavoravano per i tedeschi.

La più grande preoccupazione per i tedeschi, nella gestione del ricovero, era data dall’alto tasso di umidità che ristagnava nelle gallerie. Per questo motivo decisero di ricorrere all’espediente di usare dei bracieri, alimentati da carbone coke, per asciugare l’ambiente. Una grave carenza di tutti i ricoveri antiaerei tedeschi era data dalla mancanza di ricambio dell’aria.

Per questo motivo il gas combusto dei bracieri era convogliato, tramite un estrattore, nella galleria “comunale” con grave problema di asfissia dei presenti. Presso l’Archivio Generale del Comune di Trieste troviamo ampia documentazione sul fatto che il Podestà Cesare Pagnini si adoperò, presso il Deutscher Berater (Consigliere tedesco di collegamento tra il Comune ed il Gauleiter Reiner), per impedire l’uso dei bracieri nel ricovero tedesco.

Nella notte del 29 aprile 1945 il Gauleiter Reiner e il generale Globocnik abbandonarono la città di Trieste diretti in Austria, dove furono poi catturati dai soldati alleati. Il 30 aprile 1945 iniziò l’insurrezione di Trieste ad opera del Comitato di Liberazione Nazionale.

Il 1o maggio entrarono a Trieste le truppe partigiane jugoslave che volendo costringere i soldati tedeschi alla resa circondarono gli ultimi capisaldi germanici. Tra questi c’era il Palazzo del Tribunale che era collegato al ricovero antiaereo. Non troviamo traccia di un tentativo d’entrata, da parte dei soldati Jugoslavi, nel corridoio di collegamento con il Tribunale, probabilmente nessuno sapeva di questo passaggio. La lotta in città fu breve, i soldati germanici si arresero alle truppe neozelandesi, che nel frattempo erano entrate in Trieste. Terminava dopo 20 mesi l’occupazione del territorio da parte dell’esercito tedesco.

Il testo e le immagini sono stati riprodotti per gentile concessione del Club Alpinistico Triestino

Via Raffaele Abro, 5/A – 34144 Trieste
Telefono: 040 3498239 – fax: 040 8326424
martedì e giovedì dalle ore 21:00 alle 23:00
e-mail: cat@cat.ts.it – www.cat.ts.it

La visita alle gallerie è possibile solo previo appuntamento.

Il Palazzo del Governo

Il bellissimo Palazzo del Governo, una delle perle di Piazza dell’Unità d’Italia, fu progettato dall’architetto viennese Emil Artman e costruito tra il 1901 ed il 1905 in luogo della preesistente, e molto più modesta, sede della “luogotenenza”, allora Palast der k.k. Statthalterei. Tale lavoro faceva parte di un progetto di abbellimento della piazza, già divenuta centro vitale della città.

Caratteristica principale della bella facciata è la vasta balconata coperta, a sovrastare l’alto porticato centrale, ed ingentilita dal rivestimento di mosaici in vetro di Murano nella parte superiore (dove si riconoscono disegni, testine allegoriche e medaglioni con la croce dei Savoia) e dal rivestimento in pietra bianca nella parte inferiore.

Al tempo del suo realizzo il palazzo si affacciava sul giardino che occupava, fino al 1920, metà della piazza, allora denominata Piazza Grande, tra via dell’Orologio ed il mare.

Nei primi anni 60 l’edificio fu sottoposto ad interventi di restauro, tra cui era compreso anche il rifacimento dell’arredamento, su progetto degli architetti Nordio e Cervi.

Oggi il palazzo è sede degli uffici del Commissariato del Governo nella regione Friuli Venezia Giulia nonché quelli della Prefettura – UTG di Trieste. I saloni di rappresentanza governativa nazionale e le sale di accoglienza e pernottamento per Alte Personalità dello Stato e di Stati Esteri, in visita ufficiale nella città e nella regione, si trovano al primo piano. Dai saloni ma soprattutto dal loggiato, si gode una suggestiva vista sulla piazza, sul porto e sul Golfo, fino ad arrivare, nei giorni di particolare limpidezza, alle lontane Alpi.

Tutto ciò, sommato alla ricchezza ed all’eleganza degli interni, fa della prefettura triestina una della più prestigiose d’Italia.

Nota: il Palazzo non può essere visitato se non in particolari occasioni.

Foiba di Basovizza

La foiba di Basovizza, in origine un pozzo minerario, fu scavata all’inizio del XX secolo per intercettare una vena di carbone ma presto abbandonata per la scarsa produttività.

Il 29 e il 30 aprile 1945, l’abitato di Basovizza divenne il fulcro di numerosi e tragici combattimenti tra le forze jugoslave, giunte a liberare la città di Trieste, e le ultime unità tedesche in ritirata. Pare che i numerosi corpi rimasti sul campo di battaglia vennero fatti scomparire in brevissimo tempo all’interno della preesistente voragine.

Pochi giorni dopo l’area fu attraversata da colonne di prigionieri, sia militari che civili, destinati ai campi di internamento sloveni. Si seppe poi che in zona vi era stata un’alquanto sommaria esecuzione di prigionieri.

Negli anni successivi furono avviate indagini e scavi sia da parte dell’allora Governo Militare Alleato che, in seguito, dal Comune di Trieste. Il numero degli infoibati non è mai stato accertato con esattezza: una nota del governo jugoslavo dell’immediato dopoguerra parla di 250 individui, calcoli successivi arrivano fino a cifre dieci volte maggiori. In ogni caso, il numero complessivo è di gran lunga inferiore a quelli dei deceduti nei campi jugoslavi. Agli inizi degli anni 50 il pozzo fu abbandonato e trasformato in discarica. Nel ’53 vi fu l’autorizzazione al recupero di rottami ferrosi: gli scavi scesero fino alla profondità massima del pozzo senza trovare alcuna salma.

Nel 1992, con Decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro per il Beni culturali ed ambientali, la Foiba di Basovizza è stata dichiarata monumento nazionale.

Oggi la foiba consiste in una lastra di pietra, sul davanti della quale è riportata un passo di una preghiera ed è contraddistinta da una grande croce. A lato si trova, tra i vari cippi commemorativi, una rappresentazione grafica della sezione del pozzo, con indicate le quote relative ai vari ritrovamenti e stratificazioni.

La Foiba di Basovizza si trova nei pressi dell’abitato omonimo ed è facilmente raggiungibile sia con l’automobile che con l’autobus (n. 39).

La Basilica di San Silvestro

La piccola basilica di San Silvestro, ubicata in Androna dei Grigioni accanto alla più grande chiesa di Santa Maria Maggiore, affascina il visitatore per il suo aspetto antico e per la sua innegabile e poco vistosa grazia.

Fino alla scoperta della basilica Paleocristiana di via Madonna del Mare avvenuta negli anni ’60, la basilica di San Silvestro fu ritenuta il più antico luogo di culto della città. La tradizione vuole che le sue fondamenta siano situate sulla casa natale dei martiri Tecla ed Eufemia, sebbene gli studiosi lo considerino poco probabile.

In virtù della sue caratteristiche peculiari e della sua rilevanza storica la Basilica di San Silvestro è stata dichiarata monumento nazionale.

Oggi la Basilica è luogo di culto della Comunità Evangelica Riformata, che comprende sia la comunità Elvetica che quella Valdese.

L’esterno

La basilica fu edificata in stile romanico attorno alla metà del XII secolo per volere del vescovo Bernardo. Nonostante nei secoli siano state apportate alcune modifiche alla struttura della costruzione, i lavori di ristrutturazione del 1927 hanno riportato alla luce gli originali elementi romanici, facilmente riconoscibili nelle finestre laterali e nelle arcate in facciata.

La torre campanaria, situata alla sinistra dell’edificio sopra un elegante portico, si ipotizza essere stata realizzata a scopo difensivo in epoca medievale.

L’interno

La chiesa presenta una pianta di forma irregolare priva di abside. Essa consiste in una navata centrale e da due navate laterali minori separate da un colonnato a tre elementi. Il soffitto è a capriata.

Nel presbiterio, a cui si accede salendo tre gradini, è contenuta una tavola marmorea raffigurante la Cena del Signore su cui poggia una Bibbia. Alle sue spalle è appeso un crocifisso in ferro battuto risalente al 1700. Accanto alla tavola si trova invece un moderno battistero a forma di acquasantiera.

Su una colonna è riconoscibile una sinopia medievale, cioè il disegno preparatorio di un affresco che veniva preventivamente realizzato sull’intonaco.

La volta è decorata al centro con la raffigurazione di un agnello a simboleggiare la purezza.

Sul pavimento antistante l’altare vi è la tomba (1585) di Calò, riconoscibile dallo stemma araldico raffigurato. Una seconda tomba risalente al 1616 è invece posta nella parete sinistra dell’edificio.

I resti degli affreschi che ancora si possono vedere risalgono all’inizio del XIV secolo: quelli a destra rappresentano scene della vita dell’Imperatore Costantino, quelli a sinistra raffigurano l’Annunciazione.

 

Oggi andiamo a… Area archeologica di Aquileia

La seconda Roma

Aquileia, fondata nel 181 a. C., divenne una delle maggiori e più ricche città di tutto l’Impero romano, tanto da essere definita la “seconda Roma”.

Questa splendida città ha un’area archeologica di eccezionale importanza, considerata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.

Gli scavi hanno messo in luce resti del foro romano e di una basilica, del sepolcreto, di pavimenti in mosaico e fondazioni di case (fondi Cal ed ex Cossar), di statue della Via Sacra, dei mercati, di mura, del porto fluviale, di un grande mausoleo e d’altro.

Merita una visita il Museo Archeologico Nazionale di Villa Cassis: uno uno dei maggiori musei archeologici dell’Italia Settentrionale con reperti tutti provenienti da Aquileia o dalle immediate vicinanze Qui potrai ammirare gemme incise, vetri e ambre, ma anche i mosaici pavimentali e il ricco patrimonio epigrafico e lapidario.

Da non perdere anche il Museo Paleocristiano in località Monastero che ospita una ricca raccolta di “tituli” in greco e latino, oltre 130 iscrizioni, e altri reperti paleocristiani e altomedievali. Da due grandi terrazze è possibile anche ammirare il ricco pavimento musivo conservato all’interno.

Orari area archeologica
dalle ore 8.15 alle 18.00 (tutti i giorni)
Ingresso libero

Scavi Archeologici Direzione del Museo Archeologico Nazionale
Tel.: +39 0431 91035
Fax: +39 0431 919537
info@museoarcheo-aquileia.it

Ufficio Turistico
Via Iulia Augusta
Parcheggio / Bus terminal
I – 33051 Aquileia (UD)
Tel.: +39 0431 919491
Fax: +39 0431 919491
info.aquileia@turismo.fvg.it

La basilica

Il primo edificio di culto cristiano aquileiese fu edificato nel 313 d.C. dal vescovo Teodoro. Era costituito da tre grandi aule rettangolari poste a ferro di cavallo, dal battistero e da ambienti di servizio
Le due aule parallele (teodoriana sud e teodoriana nord) erano mosaicate ed adibite alla celebrazione della messa e all’insegnamento delle Sacre Scritture; la sala trasversale, pavimentata a cocciopesto, veniva invece utilizzata come collegamento tra le due aule precedenti.
Verso la metà del IV secolo l’aula teodoriana nord subì un notevole ampliamento allo scopo di contenere un numero sempre più grande di fedeli (aula post-teodoriana nord). Accanto venne costruito un nuovo battistero con vasca esagonale. Detta aula venne distrutta dagli Unni di Attila nel 452 d.C. e mai più ricostruita.
Successivamente anche l’aula teodoriana sud venne trasformata in un edificio a tre navate con un grande battistero di fronte al suo ingresso principale (aula post-teodoriana sud).
Nella prima metà del IX secolo il patriarca Massenzio volle avviare i primi lavori di ristrutturazione di quest’ aula creando il transetto, la cripta degli affreschi (sotto il presbiterio), il portico e la Chiesa dei Pagani.
La basilica attuale è sostanzialmente quella consacrata nel 1031 dal patriarca Poppone dopo le modifiche da lui eseguite (sopraelevazione dei muri perimetrali, rifacimento dei capitelli, affresco dell’abside e costruzione dell’imponente campanile alto 73 metri).
Ulteriori interventi furono apportati dal patriarca Voldorico di Treffen nel XII sec. (affreschi nella cripta massenziana con scene della vita di S. Ermacora, della Passione di Cristo ed altre a carattere allegorico e profano) e dal patriarca Marquardo di Randek nel XIV secolo (archi a sesto acuto fra le colonne e tutta la parte alta della basilica compreso il tetto a carena di nave rovesciata, lavori resi necessari dopo il terremoto del 1348).

Il pavimento esclusivo della basilica

Il grande mosaico pavimentale è del IV secolo ed è il più esteso di tutto il mondo cristiano occidentale.
Venne scoperto nel 1909 dagli austriaci i quali, dopo vari sondaggi, rimossero il pavimento popponiano.
Esso non ha un motivo decorativo uniforme e ripetitivo, ma è diviso in dieci tappeti figurati con soggetti biblico simbolici, ogni scena illustra con vivacità e fantasia verità di fede. Di rilevante importanza sono: la lotta fra il gallo e la tartaruga, le quattro stagioni, i ritratti di donatori e benefattori, la Vittoria, la grande scena marina con all’interno la biblica storia di Giona, il Buon Pastore e diversi animali.

La cripta degli scavi

Nella cripta sono individuabili i resti archeologici di quattro edifici che si sono sovrapposti nel corso di tre epoche: età augustea (pavimenti musivi di una casa romana signorile), II – III secolo (resti murari di magazzini portuali a pianta rettangolare), IV secolo (mosaici e cocciopesto dell’aula teodoriana nord e resti di mosaico della post-teodoriana nord).
Al di là della porta che collegava l’aula trasversale in cocciopesto con l’aula nord di Teodoro possiamo ammirare il grande mosaico: gli uccelli, l’asino, il cavallo alato, l’aragosta, le pernici, l’ariete, la lotta tra il gallo e la tartaruga,etc.

La cripta degli affreschi

La cripta massenziana è del IX secolo e venne costruita per conservare le reliquie dei Santi Martiri della Chiesa aquileiese (Ermacora, Fortunato, Crisogono, i fratelli Canziani ed altri); gli affreschi, invece, risalgono al XII secolo.
Sulle volte sono rappresentate le scene dell’apostolato di S. Marco fondatore, secondo la tradizione, della prima comunità cristiana aquileiese e gli episodi salienti della vita di S. Ermacora, primo vescovo della città, e di Fortunato, suo diacono. Sulle pareti sono affrescate la Crocefissione, la Deposizione, la Sepoltura di Cristo e la morte di Maria.
Sui pennacchi sono rappresentate figure di Santi e sullo zoccolo scene di contenuto cavalleresco ed allegorico.

Museo Archeologico Nazionale

Il più importante dell’Italia settentrionale per la ricchezza di documenti di epoca romana. Tra i reperti più preziosi troviamo:

  • la collezione dei ritratti funerari ed onorari, in pietra carsica e marmi diversi;
  • la collezione delle gemme e delle ambre intagliate, eccezionale per il numero dei pezzi e la qualità degli intagli;
  • la collezione dei vetri, stupenda per colori, forme trasparenze, iridescenze;
  • i mosaici policromi figurati provenienti dalle case signorili di età tardo-repubblicana
    i monumenti funerari spesso figurati (urne, stele, are, cippi, sarcofaghi, mausolei) che offrono numerose ed interessanti notizie sulla vita quotidiana del tempo.

Museo Paleocristiano di Monastero

Ospita i resti completi di un grande edificio ecclesiale dei secoli IV e V, raccoglie le iscrizioni funerarie cristiane e raffinati mosaici rinvenuti nelle campagne di scavo.

Museo Civico del Patriarcato

Conserva reliquiari in legno o metallo prezioso, uno splendido esempio di scultura costantinopolitana su lastra marmorea (VI sec.), ed ancora iscrizioni, testi e parametri sacri.

Altre opere nella Basilica di Aquileia

Madonna con il Bambino

Nella parte centrale, dentro una mandorla, è raffigurata la Madonna con il Bambino ed intorno i simboli dei quattro Evangelisti.
Ai lati i Santi Ermacora, Fortunato, Eufemia, Marco, Ilario e Taziano e, più piccoli, l’imperatore Corrado II assieme ai suoi familiari, il duca di Carinzia e il patriarca Poppone in atto di offrire alla Vergine il modello della basilica da lui rinnovata. Nella parte sottostante troviamo rappresentati otto Santi; più in basso una lunga iscrizione ricorda la consacrazione della Chiesa avvenuta il 13 luglio del 1031.

Tribuna magnaTribuna magna (fine XV secolo)

Opera scultorea di grande eleganza e raffinatezza eseguita da Bernardino da Bissone.

Sarcofago dei santi canziani (XIV secolo)

E’ più probabilmente un paliotto d’altare di stile gotico con al centro Cristo e ai lati i Santi Canzio, Canziano, Canzianilla e Proto.

Cristo della trincea

Busto di marmo di straordinaria forza espressiva scolpito da un soldato artista, Edmondo Furlan, durante la I guerra mondiale.

Crocifisso del XVI secolo

Alto m 2,15 e recentemente restaurato veniva portato nelle processioni propiziatorie per implorare la pioggia o altro.

Sarcofago detto di S.Marco papa del XIV secolo

Retto da quattro colonne è opera di Filippo de Sanctis. Sulla fronte un bassorilievo raffigura S. Ermacora con le quattro vergini aquileiesi: Erasma, Eufemia , Tecla e Dorotea. Sul retro: Cristo fra due donatori.

Plutei Massenziani

Lastre o transenne che oggi recingono la cappella destra dedicata a S. Pietro e che in origine delimitavano il presbiterio sopraelevato eretto dal patriarca Massenzio.


Polittico di pellegrino da San Daniele (1503)

Un tempo ornava l’abside al di sopra della cattedra patriarcale con funzione di pala d’altare. Sono rappresentati i Santi Pietro e Paolo, Ermacora e Fortunato, Marco e Teodoro, dominati dall’alto dalla figura del Salvatore.

Cappella dei Torrianidel XIII secolo

Custodisce i sarcofagi di alcuni patriarchi della famiglia della Torre; è dedicata a S: Ambrogio.

Pietà o Vesperbild

In pietra colorata, si trova all’interno della nicchia di S. Girolamo.

Madonna del latte o dell’ umiltà

In pietra d’Istria dipinta è in stile tardo romanico.

S.Sepolcro del XI secolo

Riproduzione del S. Sepolcro di Gerusalemme come era descritta da storici e viaggiatori altomedievali. Veniva usato per la liturgia della Settimana Santa.

Battistero del IV secolo

Posto di fronte all’ingresso principale della basilica ha pianta ottagonale e vasca esagonale interna (caratteristica di Aquileia e delle aree toccate dalla sua evangelizzazione).

Portico e chiesa dei pagani del IX secolo

Il patriarca Massenzio aveva eretto il portico davanti alla sua basilica per collegarla al battistero attraverso un edificio chiuso a due piani, la cosiddetta “Chiesa dei Pagani”.

Siti archeologici di Aquileia


Il foro romano

Il foro, oggi attraversato dalla via G. Augusta, era la piazza principale della città. Risale al II sec. d.C. Circondato da portici, sotto i quali c’erano botteghe e sale pubbliche per il consiglio cittadino, la tesoreria e gli archivi, qui si tenevano i pubblici comizi e le assemblee. Nell’annessa basilica forense si dibattevano le cause e gli affari.

Il sepolcreto

In epoca romana le sepolture dovevano essere collocate per legge fuori dalle mura cittadine, da cui derivò il costume di allinearle lungo le vie principali, denominate vie sepolcrali. Nell’area degli scavi il tratto di sepolcreto oggi visibile comprende cinque aree sepolcrali circondate da recinto, ciascuna delle quali appartenente ad una famiglia.
Risale tra la metà del I sec. d. C. e gli inizi del III ca. ed è l’unico esempio di cimitero romano rinvenuto ad Aquileia.

Il porto fluviale

Lungo la Via Sacra sono visibili i resti del porto costruito probabilmente verso il II sec. a.C., in seguito ampliato e ristrutturato più volte.
Il fiume si apriva con un letto largo 48 metri ed era affiancato da solide banchine lunghe 350 metri ed imponenti magazziniLungo la Via Sacra sono visibili i resti del porto costruito probabilmente verso il II sec. a.C., in seguito ampliato e ristrutturato più volte.
Il fiume si apriva con un letto largo 48 metri ed era affiancato da solide banchine lunghe 350 metri ed imponenti magazzini.

Case romane ed oratori paleocristiani

Attualmente sono visitabili due zone archeologiche con mosaici di abitazioni databili tra il I sec. a.C. ed il IV sec. d.C.

Grande mausoleo

Ricostruzione della tomba di un ignoto magistrato municipale databile all’età di Augusto (27 a.C. – 14 d.C .)